L'industria bresciana tira le somme: pesano i costi dell'energia
Un anno di ripresa che si chiude in negativo per l'industria bresciana, pesa il calo della domanda interna, tante le incognite all'orizzonte.

Gli industriali bresciani si sono recentemente confrontati per tirare le somme del 2022, un anno ancora difficile per le imprese, sebbene si sia registrata una leggera ripresa, è pieno d’incognite e preoccupazioni nella sua conclusione, riguardante in prima battuta la crisi energetica, l’inflazione, la crisi di liquidità e le incognite dettate dalla sempre maggiore tensione internazionale.
A pesare sulla produzione è un calo ulteriore della domanda interna, dovuto ai fenomeni inflattivi e al progressivo impoverimento dei cittadini italiani, mentre tengono le esportazioni verso altre nazioni, che corrispondono comunque a una frazione del mercato interno. Nel corso dell’anno sono aumentate le nuove assunzioni (più di 97mila), sebbene quelle a tempo indeterminato siano sempre una parte meno consistente (circa 18mila). Il tassello energetico è fondamentale, le aziende bresciane hanno infatti pagato qualcosa come quattro miliardi di euro in più rispetto agli scorsi anni in soli costi per l’elettricità. Se questo non bastasse, le disposizioni in materia di ambiente hanno contribuito a bastonare ulteriormente i bilanci delle imprese, diverse delle quali sono dovute ricorrere a finanziamenti e tagli in altri settori, come ricerca e sviluppo, per adattarsi alle direttive europee.
Il Presidente di Confindustria Brescia Franco Gussalli Beretta ha fatto perfetta sintesi di queste criticità, rilevando come che ha rilevato come: “nel terzo trimestre del 2022 l’attività produttiva nel settore manifatturiero bresciano ha mostrato una contrazione, segnando una variazione rispetto al trimestre precedente pari al -5,1%”.