A quanto riporta un’indagine che ha riguardato tutto l’arco dello scorso anno, condotta dal Centro Studi di Documentazione e Ricerca “Lino Angelo Poisa”, parte dell’Associazione Artigiani di Brescia, sarebbero più di dodicimila e cinquecento le attività economiche irregolari in provincia di Brescia, rispetto alle trentatremila che risultano attualmente iscritte alla Camera di Commercio: quasi un terzo delle attività economiche operanti nel territorio bresciano non ne avrebbero quindi diritto e, di conseguenza, opera in regime di totale invisibilità anche rispetto al fisco. Una situazione che non solo risulta problematica per l’aspetto che riguarda la legalità, ma nuoce alle attività in regola, che devono sobbarcarsi l’onere di competere con concorrenti che non devono far fronte ai costi burocratici, e non solo, dell’operare alla luce del sole.

In controtendenza, la zona più interessata dalla crescita del fenomeno in tutta la provincia di Brescia, che complessivamente lo vedrebbe in calo, sarebbe quella del Garda, sebbene il numero delle imprese ivi presenti non sia variato in maniera rilevante, nella quale l’abusivismo è cresciuto di poco meno del 25% nel corso degli ultimi vent'anni, forse complice il raddoppio de facto della popolazione residente nei mesi estivi e il moltiplicarsi delle attività ricettive fantasma, contro le quali l’Assessorato alla sicurezza di Desenzano del Garda avrebbe lanciato, da poco a tempo a questa parte, un’intensa campagna repressiva.

Secondo le indagini, il fenomeno dell’abusivismo sarebbe aumentato in tutte quelle attività che non richiedono l’uso di particolari tecnologie, come i trasporti di merci o persone, il giardinaggio, oppure i traslochi. Al contempo si sarebbe ridotto in maniera importante in quei settori che negli ultimi decenni hanno compiuto importanti salti tecnologici, come quello delle riparazioni alle automobili, che richiedono ormai attrezzature specifiche, certificazioni da parte delle case produttrici e una non trascurabile componente informatica.

Al fine di combattere il fenomeno, l’Associazione Artigiani avrebbe sottoposto al Governo una serie di richieste, come l’inasprimento delle pene nel caso in cui si provochino lesioni durante l'esercizio abusivo, con reclusione sino a due anni, e sanzioni pecuniarie che spaziano tra i duemila e i ventimila euro, estese anche agli eventuali prestanome, oltre al sequestro delle attrezzature e degli immobili.